Dolori invisibili che diventano progetti

Dolori invisibili che diventano progetti

Ogni tanto penso a quando è nato Giovanni,
il mio modo di lavorare al mio personale progetto sul post parto che è sempre li,
in cima alle cose da fare.
E ogni tanto, pensando alla bellezza del momento,
provo un dolore al petto, che passa per il cuore e arriva alle spalle,
proprio li dove dicono dover sentire il latte “che si fa”.
Ogni tanto vorrei tornare indietro,
rivivere quel momento senza tutta quella fragilità che mi faceva sciogliere in un pianto,
impotenza che mi faceva dire ok ad ogni cosa mi venisse consigliata.
E non so perché ricordo con più nitidezza solo i momenti paradossalmente appannati dalle lacrime.
So che mi è servito per affrontare una nuova gravidanza e un nuovo arrivo in casa con più consapevolezza e con più forza.
Ma avrei voluto vivere cosi anche quella prima esperienza.


Parlarmi è il mio modo di ascoltarmi.
Ascoltare il mio corpo.
Mi parlo tanto e a volte ho pianto anche di più.
Non ora. Ora ho trasformato lacrime in forza e forza in progetti fotografici. A volte solo per me.
E quelle lacrime sono esattamente le cose che ho fatto o non ho fatto.

“ Che ci piangi tu che hai avuto la fortuna di avere figli? ”
Non ha senso e allo stesso tempo non so rispondere.
Ma perché non legittimare un dolore invisibile agli altri?
Non è anche questo prendersi cura di se stessi?
E se non lo facciamo noi, perché gli altri dovrebbero accorgersene?Parliamoci chiaro, ormai non sappiamo più che dire a una neo mamma o una mamma in generale, sembra che ogni cosa sia sbagliata o che se la possa prendere.
Però di certo possiamo ascoltarla se vuole essere ascoltata, aiutarla quando chiede aiuto.
Non esiste un manuale di “persone che incontrano mamme e neo-mamme” però di certo un pò di delicatezza è solo alla base di una relazione con qualcuno che per la prima o centesima volta diventa mamma.
Prendersi cura di un bambino, che tu sia nonna, zia, amica o chiunque, significa per prima cosa prendersi cura della sua mamma.

Quella donna che ha preso qualcosa di più importante del suo polmone o del suo stesso cuore e ve lo sta porgendo in mano.

Ve lo affida e a volte, invece, non vuole farlo affatto.
E dovreste solo rispettare quel volere, quel tempo.

E ogni tanto penso a quando è nato Giovanni, al mio corpo dolorante che ha accolto centinaia di visite, consigli, alle gocce d’acqua della doccia che si mischiavano alle lacrime, quella claustrofobia.

E mi fa male il petto, il cuore e le spalle, proprio li dove dicono dover sentire il latte “che si fa”.

E adesso so che farmene di questo dolore invisibile a tutti
tranne all’anima mia.