un momento spesso irripetibile.

Cosa succede durante un servizio pre-maman?

Quando una donna è in dolce attesa, nella lista delle cose da fare, tra il lavare vestitini e prepara il nido, c’è senz’altro quello di fare un bel servizio fotografico.
Che sia sola o con il proprio compagno/a, in casa, in studio o in esterna.

E non per apparire o snaturare un momento (si ho sentito queste cose!)
ma semplicemente per rendere eterno un momento cosi importante,
spesso irripetibile.

Un momento che certamente ricorderebbe a priori dalle fotografie,
ma perché non arricchire l’album di famiglia con questi momenti?

Il servizio, in genere, si effettua verso la fine della gravidanza,
dal settimo mese in poi.
Per me è stato il momento in cui mi sono sentita più a mio agio con il mio corpo, mi sentivo davvero bella, avevo pienamente consapevolezza del mio corpo e lo stavo proprio accettando,
in tutti quei cambiamenti,
con tutti quei cambiamenti.

Non era questo un buon motivo per immortalare quel momento?

Quindi..

QUANDO?
Dal settimo mese di gravidanza in poi, nel momento in cui la pancia inizia a farsi notare, è molto più bello e divertente.

DOVE?
Questo è indifferente e molto personale.
Quello che propongo, in genere, è di fare un servizio in una location davvero familiare alla mamma e/o alla coppia.
La prima scelta è ovviamente casa propria, ma può essere qualsiasi luogo faccia stare a proprio agio i miei soggetti.

CHI?
Ovviamente la mamma con il suo pancione. Questo è chiaro! 😉
Ma insieme o al posto del compagno/a, può partecipare la futura nonna, amica, suocera, cugina.. chiunque vogliate!



…e COSA FARE?
Insieme a Marco e Melina, ad esempio, abbiamo pensato di far partecipare i nonni durante una merenda, portando qualche fotografia dei futuri genitori piccolipiccoli come il bambino che stanno aspettando.

Oppure ad Elisabetta, amante della cucina,
ho proposto qualche scatto proprio li, tra i fornelli, dove poco prima del mio arrivo cucinò un buonissimo dolce.
E io ne approfittai, in tutti i sensi!



Il PERCHE’ ve l’ho già detto.
Rendere eterno un evento a volte irripetibile.

Allora, perché non farlo?

nota: fotografie del mio ultimo servizio premaman proprio di Elisabetta, Fabio e i buonissimi Cinnamon Rolls.

..un bel momento e basta.

Di recente ho visto un video di una sposa che si innervosiva perché il papà, poco prima di accompagnarla all’altare, non riusciva a trattenere le lacrime, e le lacrime gli impedivano di mettere un piede davanti all’altro.

Capita. Può capitare.

Può capitare anche che la sposa si senta innervosita e la prima cosa sia quella di dire “smettila!”
E mi immagino che il padre si possa sentire in colpa, sbagliato, a disagio. Magari pensa di mettere in imbarazzo la figlia.

E io, guardando il video, pensavo “Tanto adesso l’abbraccia” “Avanti, abbraccialo”.
Ma nel video non avviene. E a volte non avviene neanche nella realtà.

Capita. Può capitare.

Ma se potessi davvero intervenire senza offendere nessuno, nel momento in cui questo avviene, glielo direi io “ABBRACCIALO!”

E se abbracciarlo aumenterà le lacrime, poco importa.
Abbiamo tutto il tempo del mondo.

Prendetevi tutto il tempo che volete e serve per un abbraccio con chi volete. Quando volete e quando serve.
Il giorno del vostro matrimonio o in qualsiasi altro giorno.
Non solo crea un bel momento da fotografare,
ma da vita a un bel momento e basta.

Quando vostro padre vi accompagna all’altare, dopo aver ricevuto il primo bacio da quello che sta per diventare vostro marito, giratevi e date un bacio al vostro accompagnatore,
a vostro padre se avete la fortuna di essere state accompagnate da lui.

E sposi, dopo aver dato il primo bacio alla vostra futura sposa,
guardate vostra madre e baciatela.

Io li vedo quei genitori li, imbarazzati ed emozionati, che spesso non sanno che fare e spesso ancora stanno solo aspettando un altro bacio dai propri figli.

E andateli a prendere li, seduti al tavolo, mentre chissà che non vogliono ballare ma allo stesso tempo lasciarvi il vostro spazio.

Abbiate spazio per tutti.


Ogni tanto mi capita di suggerirlo, l’emozione di quel giorno è cosi grande che si rischia di dimenticare persino il proprio nome.
E chi ha la mente lucida ha il compito di aiutare a gestire meglio che si può la situazione.

E quindi mi capita di dare qualche dritta, e ne sono felice.

Non solo per creare un bel momento da fotografare,
anzi, quasi per niente.
Ma sopratutto per dar vita a un bel momento e basta.

Dolori invisibili che diventano progetti

Ogni tanto penso a quando è nato Giovanni,
il mio modo di lavorare al mio personale progetto sul post parto che è sempre li,
in cima alle cose da fare.
E ogni tanto, pensando alla bellezza del momento,
provo un dolore al petto, che passa per il cuore e arriva alle spalle,
proprio li dove dicono dover sentire il latte “che si fa”.
Ogni tanto vorrei tornare indietro,
rivivere quel momento senza tutta quella fragilità che mi faceva sciogliere in un pianto,
impotenza che mi faceva dire ok ad ogni cosa mi venisse consigliata.
E non so perché ricordo con più nitidezza solo i momenti paradossalmente appannati dalle lacrime.
So che mi è servito per affrontare una nuova gravidanza e un nuovo arrivo in casa con più consapevolezza e con più forza.
Ma avrei voluto vivere cosi anche quella prima esperienza.


Parlarmi è il mio modo di ascoltarmi.
Ascoltare il mio corpo.
Mi parlo tanto e a volte ho pianto anche di più.
Non ora. Ora ho trasformato lacrime in forza e forza in progetti fotografici. A volte solo per me.
E quelle lacrime sono esattamente le cose che ho fatto o non ho fatto.

“ Che ci piangi tu che hai avuto la fortuna di avere figli? ”
Non ha senso e allo stesso tempo non so rispondere.
Ma perché non legittimare un dolore invisibile agli altri?
Non è anche questo prendersi cura di se stessi?
E se non lo facciamo noi, perché gli altri dovrebbero accorgersene?Parliamoci chiaro, ormai non sappiamo più che dire a una neo mamma o una mamma in generale, sembra che ogni cosa sia sbagliata o che se la possa prendere.
Però di certo possiamo ascoltarla se vuole essere ascoltata, aiutarla quando chiede aiuto.
Non esiste un manuale di “persone che incontrano mamme e neo-mamme” però di certo un pò di delicatezza è solo alla base di una relazione con qualcuno che per la prima o centesima volta diventa mamma.
Prendersi cura di un bambino, che tu sia nonna, zia, amica o chiunque, significa per prima cosa prendersi cura della sua mamma.

Quella donna che ha preso qualcosa di più importante del suo polmone o del suo stesso cuore e ve lo sta porgendo in mano.

Ve lo affida e a volte, invece, non vuole farlo affatto.
E dovreste solo rispettare quel volere, quel tempo.

E ogni tanto penso a quando è nato Giovanni, al mio corpo dolorante che ha accolto centinaia di visite, consigli, alle gocce d’acqua della doccia che si mischiavano alle lacrime, quella claustrofobia.

E mi fa male il petto, il cuore e le spalle, proprio li dove dicono dover sentire il latte “che si fa”.

E adesso so che farmene di questo dolore invisibile a tutti
tranne all’anima mia.





Lato del cuore

A quelle lacrime che nessuno vede, che noi aspettiamo,
di cuori alleggeriti dalla gioia e appesantiti dalla nostalgia,
che si sa,
domattina,
non vederla a colazione, non sarà così semplice.

Lo so bene, io che sono stata sposa.
Mano nella mano con mio papà, verso l’altare, verso il mio futuro marito.

Lo so bene io che sono li, accanto a voi, ad osservarvi e commuovermi con voi. In attesa di un altro abbraccio, e un altro ancora.
Da quei papà, già vestiti, seduti sul divano sotto l’aria condizionata, in attesa di indicazioni dal resto della famiglia in trepida, felice, preparazione.
Messi li, nel corridoio, in attesa di aprire quella porta che per magia trasforma una bambina in sposa.


La prima impressione dei papà è tra le foto che da sempre mi piace fare.
Anche se la commozione è sempre riservata ad altri momenti, quando uno meno se lo aspetta.



“E ora che dobbiamo fare? Dove mi metto?”
“Sua figlia deve stare al lato del suo cuore.”

E in automatico, si portano la mano sul petto “di qua.”
Pronti per uscire, sono sempre gli ultimi a chiudere la porta.
Si guardano, si sorridono ed escono.
A braccetto o mano nella mano.

La sposa e il suo primo cavaliere.

E mi innamoro, per l’ennesima volta, in una giornata che mi vedrà farlo ancora tante volte, con gli occhi puntati sempre sulla mia figura preferita di quel giorno:
i papà.


Un momento solo loro, solo per loro.

Non ho un momento preferito della giornata di un matrimonio,
li amo tutti,
tutti cosi diversi eppure ogni momento parla della stessa cosa,
delle stesse persone.

Le emozioni degli sposi che si miscelano a quelle dei parenti e degli amici e degli invitati in generale.

Ma il momento in cui si racchiude sicuramente gran parte di un servizio fotografico di un matrimonio è quel tempo dedicato solo agli sposi, in giro per le vie che prima li hanno visti fidanzati e ora marito e moglie.
Oppure in una città che ha colpito il loro cuore e che non ha niente a che vedere con le loro origini.
O ancora all’interno di una location scelta appositamente per questi scatti.
Insomma.. l’importante sono i soggetti, ovunque essi si trovano: gli sposi!

I loro sguardi, le loro mani, i capelli e le curve delle loro sagome, le loro ombre, i loro sorrisi.
Tutto parla di loro, del loro amore presente, passato..e soprattutto futuro.
I loro gesti e i loro corpi che raccontano chi sono l’uno per l’altro.

Cosa faccio io durante queste ore dedicate a loro?
Quello che faccio durante il resto della giornata, racconto.
Sto li, non intervengo se non strettamente necessario per una questione piuttosto legata a luci, ombre.. per il resto gli sposi fanno da soli, fanno da se: sempre senza imbarazzo, e anche se ci fosse, ci bastano un paio di battute, due scatti, e poi si va avanti come se io non ci fossi.
Quel momento solo loro, solo per loro.

E io mi perdo dentro tutto questo, mi commuovo e scatto, racconto.
Quello che gli sposi raccontano a me, io lo catturo, lo faccio mio,
per poi raccontarlo a mia volta di nuovo a loro, lo ritorno indietro,
tramite i miei scatti,
tramite i miei occhi,
tramite il mio cuore.

io non so com’è danzare.

Io non so com’è danzare, ma posso immaginarlo.
So com’è ricominciare da dove ci si era fermati,
partire carichi, intimoriti e con il fiatone.
Finire ancora più carichi e ancora con più fiatone,
e sentire male dopo.
So com’è interrompere un sogno ma so anche com’è ricominciare a viverlo e renderlo reale.
Non so com’è danzare,
sono scoordinata con la vita,
figuriamoci con la musica,
ma so com’è sentire quella passione in ogni centimetro del proprio corpo, non riuscirla a trattenere e andare a tempo con qualcosa,
se non con la musica, almeno con il cuore.
E so cosa significa piangere per il male, gli stop, le difficoltà, i no e i tempi persi.
So che una passione è tale quando fa male,
che insistere ti mette in discussione e ti da schiaffi che non ti aspettavi,
così, a mano piena.
Che arriva sempre dopo il calore della botta.
Ma quando arriva hai due possibilità, piangere e mollare o rialzarti a danzare.

M E M O R Y B O X

Fare dei vostri ricordi materia è un lavoro fondamentale tanto quanto immortalare i ricordi stessi.
E’ importante, tanto quanto difficile, racchiudere in una breve selezione tutti quegli attimi di un intero evento.
Per questo mi sta tanto a cuore la scelta insieme agli sposi dell’album o qualsiasi soluzione loro ritengano più adatta per conservare le mie fotografie.

Oggi voglio parlarvi della scelta di Silvia e Francesco.

Scatola in rovere dal profumo incredibile, separatore per chiavetta USB
Dimensioni: 30x17x5 cm
Incisione e colore personalizzabile.

Apertura scorrevole con tre tipi di coperchio personalizzabili:
legno, tessuto e tela full print.

La personalizzazione viene realizzata tramite la stampa diretta sul coperchio in legno.
Puoi inserire una grafica a piacere o utilizzare una delle tantissime proposte.

Chiavetta in boccetta di vetro (o interamente di legno)
Consegna di tutti i file dell’evento in HD

La difficilissima selezione spesso è un mio compito ma, essendo la flessibilità una prerogativa per me, spesso sono gli sposi a scegliere cosa conservare davvero all’interno del proprio album o, in questo caso, della propria scatola.

Stampe 15×22 con bordo personalizzabile di colore e fantasia.
Il bordo bianco però, si sa, è intramontabile.

Ma ciò che rende davvero uniche queste stampe è la lavorazione tradizionale a bagni chimici su carta fotografica bianca, glacier, leggermente satinata, con superficie microporosa che fornisce risultati eccezionali sui colori, una grande fedeltà dei toni e della luminosità delle immagini, un’eccellente resa dei dettagli e dei contrasti.

E’ tutto curato nei minimi dettagli, cosi come piace a me, cosi come fate voi con i vostri matrimoni.
Rendere eterni i vostri ricordi è fondamentale per me.
Custodirli come meritano, una missione.